Passione

Aforismi

Il flautista presuntuoso

Principe era un flautista piuttosto noto, che soleva prestare a Batillo il proprio accompagnamento sulla scena.
Durante gli spettacoli (non ricordo bene quali), cadde pesantemente per colpa di una macchina teatrale, alzata con precipitazione quando lui meno se lo aspettava.
Si fratturò la tibia sinistra, mentre avrebbe preferito rovinarsi le due tibie destre.
Sollevato a braccia, fu riportato a casa sua tutto gemente.

Passarono alquanti mesi, finché grazie alle cure si rimise in sesto.
Come è uso degli spettatori, si prese a sentire la mancanza di quel tipo piacevole, che suonando il flauto era solito stimolare l'energia del ballerino.
Un signore aveva intenzione di allestire uno spettacolo, e poiché Principe aveva ripreso a camminare, con preghiere e con denaro lo indusse a presentarsi in pubblico nel giorno stesso dello spettacolo.
Quando arriva questo giorno, in teatro corre un mormorio di voci sul flautista.
Chi lo dice morto, chi pronto a presentarsi da un momento all'altro al pubblico.
Calato il sipario, scatenati i tuoni, gli dèi parlarono alla solita maniera.
Poi il coro intonò un canto ignoto a lui appena reduce sulle scene, le cui parole erano:

- Rallegrati, Roma; sei al sicuro perché sano e salvo è il tuo principe.

Ci si alzò ad applaudire. Il flautista getta baci: pensa che i suoi ammiratori si congratulino con lui.
Il ceto equestre capisce l'equivoco e con crasse risate vuole che il canto sia ripetuto.
Ed è bissato.
Sul palcoscenico il mio uomo si prosterna tutto.
I cavalieri applaudono, facendosi gioco di lui.
La gente crede che voglia la corona.
Ma quando in ogni settore del teatro la cosa divenne chiara, Principe, con la gamba fasciata da una benda nivea, con una tunica nivea, nivee anche le scarpe, tronfio per le onoranze rese invece alla casa imperiale, fu cacciato fuori da tutti a apofitto.

Morale della favola

Quando un vanesio, accecato dal fragile favore popolare, perviene a una eccessiva stima di se stesso, è messo facilmente in ridicolo per la sua stolta vacuità.